Barista? Ciclista? Femminista? Maschilista?

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Pronunciare la parola “barista” e “maschilista” non hanno lo stesso effetto neutro, vero?

Se prendiamo la descrizione del suffisso “-ista” dall’enciclopedia Treccani, si legge: 

“Suffisso derivativo di nomi indicanti la persona che svolge l’attività, segue l’ideologia, presenta le caratteristiche espresse dai nomi in –ismo […]”.

Leggendo le quattro parole del titolo sentiamo muoversi in modo diverso la nostra pancia, e quindi le nostre emozioni. “Barista” e “ciclista” non suscitano nulla di particolare, mentre “femminista” sicuramente ci lascia meno indifferenti. Con l’ultima parola, “maschilista”, credo in molti avvertano una sensazione negativa.

Eppure…

Il suffisso in sé non connota giudizi positivi o negativi, quindi il risultato finale dipende dalla parola a cui si unisce. Per esempio, la parola “terrorista” evoca fortissime sensazioni negative, o almeno lo spero. In questo caso mi sembra che non ci sia nulla da eccepire: seguendo le indicazioni di Treccani il terrorista è colui che si dedica alla causa di provocare terrore.

Agli albori del movimento femminista probabilmente questa parola suscitava inquietudine, non perché il termine femmina da cui deriva fosse associato ad aspetti negativi, ma perché si associava al movimento femminista, che voleva cambiare le regole del gioco dei rapporti di forza, potere, legittimità, tra maschi e femmine.

Se veniamo all’ultimo termine, maschilista, ugualmente non dovrebbe esserci nulla di negativo nella radice della parola maschio, mentre invece oggi viene universalmente rivestita di una forte accezione negativa.

Perché?

Il rischio in cui si cade oggi è quello di identificare qualunque caratteristica inerente al maschio e al maschile come negativa. Da ciò deriva che la parola maschilista, quindi dedito alla questione maschile, sia ugualmente negativa. 

Credo che i tempi siano maturi per una rivoluzione lessicale, che porta con sé una visione nuova sul maschile. 

Da quando mi occupo di emozioni maschili mi capita di incontrare gruppi di femministe con le quali sentiamo una grande sovrapposizione di temi: siamo tutti convergenti verso una liberazione, che questa volta aiuti i maschi a contattare la propria interiorità, la propria vulnerabilità, per trasformarsi in uomini a tutto tondo. Come Giovanni Allevi e George Federer, che sanno esprimere senza vergogna tutti i loro sentimenti. 

Mi sento maschilista in questa accezione e sono convinto di non essere l’unico. Il maschio non è solo quello con la clava. Se oggi usa questi metodi è perché il suo cammino da quando era bambino è stato storpiato. Un essere umano che resta primitivo da adulto è semplicemente un essere umano a cui è stata inflitta una buona dose di sofferenza.