In alcune trasmissioni televisive la leadership di chi la conduce si presta a interessanti considerazioni.
Se usiamo lo sguardo sistemico possiamo anche evidenziare in che modo la struttura della trasmissione influisca sui comportamenti dei singoli, giudici o concorrenti che siano. Prendiamo in esame MasterChef e X Factor, nelle ultime edizioni. E guardiamo come hanno fatto i leader a far migliorare gli allievi.
In X Factor i giudici (Elio, Mika, Fedez e Skin, sorridenti nella foto) hanno spesso avuto parole incoraggianti per i protagonisti che si esibivano, sia che si trattasse dei propri allievi, sia di quelli dei colleghi. Messaggi di stima e di ammirazione erano frequenti. Quando la performance non li aveva convinti erano molto concreti, chiari e costruttivi nel descrivere cosa non aveva funzionato e spesso davano anche un rimando per come risolvere il problema. In sintesi possedevano i criteri per dare una buona critica costruttiva. Tutto questo permetteva ai concorrenti di avere utili strumenti per migliorarsi costantemente.
Come insegnano gli studiosi di leadership, il clima di un gruppo è generato soprattutto dallo stile dei vertici. Ed infatti la collaborazione e la positività dei giudici sono chiaramente trasmesse ai partecipanti, che non sono invitati a trattarsi male e a evidenziare invidie e gelosie. I registi hanno evitato di stimolare la competizione scorretta: per esempio non venivano trasmessi quei pezzi di video in cui un concorrente sparla di altri, mostrando gelosie o invidie. Non si è mai visto, all’eliminazione di qualcuno, l’esultazione di altri a cui non stava simpatico, ma un’esultazione per il puro gusto di avercela fatta. Uno spirito competitivo insomma molto corretto.Il clima della trasmissione è stato quasi sempre molto positivo e piacevole e questo non ha affatto diminuito rendimento e progressione dei cantanti, anzi.
Diversamente i giudici di MasterChef (Barbieri, Cannavacciuolo, Bastianich e Cracco, molto seri nella foto) che vedrà proprio domani la conclusione di questa edizione, hanno mostrato una leadership meno evoluta. I loro giudizi non sono associati a descrizioni utili per i concorrenti, per cui le critiche si rivelano poco concrete. Dire che un piatto fa schifo non è molto informativo per chi lo ha fatto. I loro gesti di stizza, i lanci di piatti o di altri oggetti sono umilianti e non danno certo un aiuto a superare se stessi. Creano inoltre un clima di stress che riduce la performance, soprattutto nelle fasi iniziali quando i partecipanti sono molti. E qui non parlo dello stress moderato che stimola e aumenta la resa, ma dello stress inutile ed eccessivo che abbatte il rendimento. Lo si è visto nel numero di concorrenti che piange, entra nel pallone e si blocca. La leadership viene tenuta entro i ranghi dell’autoritarismo: gli chef si fanno chiamare chef (i cantanti non si fanno chiamare maestro o con altri titoli di rango) e guai se si contesta l’autorità. Per esempio non si può rispondere, e si deve accettare la critica senza battere ciglio, anche se espressa in malo modo.
Da coach sistemico non mi sfugge una caratteristica della struttura del gioco che influenza il comportamento dei concorrenti stessi: diverse prove danno vantaggi che permettono di sfavorire altri aspiranti chef. Un conto è vincere una prova e guadagnarsi la leadership in una prova in esterno. Ben diverso è poter mettere in difficoltà gli altri per sperare di eliminare probabili talenti. Non è un caso che la balconata viene evidenziata nei commenti, che quindi sono anche fortemente negativi. Inoltre le brevi interviste ai partecipanti rivelano invidie e giudizi espressi senza pietà.
Con questo non intendo esprimere un giudizio sulle persone dei giudici qui descritti; immagino che buona parte di modi e contenuti siano impostati dalla produzione. Mi serviva utilizzare esempi televisivi noti, per illustrare alcune caratteristiche della leadership, in particolare le tendenze opposte della leadership basata su collaborazione e clima di squadra contro quella basata su umiliazione e frustrazione.